La complessità del mercato elettrico: attenzione a quello che si legge sulle bollette

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Negli ultimi mesi abbiamo assistito, diverse volte, ad annunci da parte dei media dove si affermava che il caro bollette sarebbe rientrato. Durante il lockdown alcune agenzie di informazione del calibro di Bloomberg erano arrivate addirittura ad affermare che i consumatori sarebbero stati pagati per l’elettricità consumata, visto che la crisi aveva abbattuto i prezzi del mercato. Nella maggior parte dei casi queste informazioni si sono rivelate sbagliate, in quanto non fondate su una solida comprensione delle dinamiche del mercato dell’elettricità. Il ragionamento più comune tra giornalisti in queste settimane è che al calare del prezzo del gas debbano calare anche le bollette. Tuttavia, la realtà del mercato elettrico è molto più complessa di così, e se è vero che c’è una relazione tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità che viene distribuita al consumatore, è vero anche che i passaggi intermedi sono molteplici. Parliamo, infatti, di una commodity che ha caratteristiche molto particolari e che, non essendo facilmente immagazzinabile, si espone molto più di altri prodotti alla volatilità dei prezzi. Cerchiamo quindi di ripercorrere il flusso commerciale dell’elettricità, analizzando come diversi mercati determinino il prezzo finale che il consumatore andrà pagare in bolletta.

Il mercato dell’elettricità wholesale (all’ingrosso) e retail (al dettaglio)

Lasciando perdere per un attimo il mercato del gas e, più in generale, dei combustibili fossili, esaminiamo il percorso dell’elettricità a partire dai produttori. In Europa così come negli Stati Uniti la produzione elettrica è stato liberalizzata verso la fine del secolo scorso. In un contesto competitivo, coloro che hanno degli impianti di produzione, che siano alimentati a rinnovabili o risorse fossili, vendono i loro prodotti nel mercato all’ingrosso (wholesale market). Tra i compratori del mercato all’ingrosso abbiamo grandi consumatori industriali, che per risparmiare preferiscono stipulare contratti a lungo termine direttamente con i produttori, e i così detti rivenditori al dettaglio, ovvero quelle aziende che si occupano di portare l’elettricità nelle nostre case.

Il mercato al dettaglio (retail market) è il secondo mercato che troviamo seguendo il flusso commerciale dell’elettricità. Ed è qui che avviene la vendita al consumatore finale (fatta eccezione per i grandi consumatori), nonché dove si determina il prezzo della bolletta. Se nel mercato all’ingrosso il prezzo dell’elettricità rispecchia per lo più quelli che sono i costi di investimento e di produzione (quindi anche dei combustibili), nel mercato al dettaglio, invece, oltre a tali voci di spesa devono essere incluse anche quelle di trasmissione e di distribuzione, con annesse tassazioni.

Il prezzo di una bolletta tedesca pre-crisi del settore energetico

Il grafico ci mostra come una tipica bolletta tedesca (del periodo precrisi energetica) possa essere suddivisa nei suoi vari costi, passando dal mercato all’ingrosso, là dove l’elettricità viene immessa in rete dai produttori, al mercato al dettaglio, dove l’elettricità raggiunge i consumatori finali.  Volendo essere precisi, ci sarebbe anche un terzo mercato dell’elettricità, quello dei system services. Si tratta di un mercato di scambio di servizi chiave per il sistema elettrico, anche se ha un impatto limitato sui prezzi finali. Il suo ruolo, infatti, è quello di tenere l’intero sistema che regola l’approvvigionamento energetico in costante equilibrio, evitando così cali di frequenza che potrebbero causare dei blackout.

Il divario dei prezzi e le analogie tra energia elettrica e petrolio

La relazione tra mercato all’ingrosso e al dettaglio dell’elettricità è simile a quella tra il prezzo di un barile di greggio e quello indicato alla pompa di benzina. Se ci pensiamo bene, durante il lockdown i prezzi del petrolio al barile sono stati negativi per diversi giorni, ma il prezzo alla pompa è sempre rimasto oltre la soglia dell’euro al litro. E ormai capita spesso anche che i prezzi dell’elettricità possano andare sotto la soglia dello zero (anche settimanalmente). Nessun consumatore si è però mai visto recapitare un compenso per l’elettricità consumata o andare a fare benzina gratis. In tal senso, il paragone col petrolio può aiutarci a comprendere il divario tra i prezzi, anche se, come detto sopra, l’elettricità ha delle caratteristiche assai peculiari. In primis, non essendo facilmente immagazzinabile, ci deve essere un equilibrio continuo tra elettricità prodotta e consumata. Il petrolio può essere stoccato in barili, navi etc. mentre l’energia elettrica (salvo gli esperimenti di gigantesche batterie) viene consumata o dispersa.

Il problema della complessità dei prezzi, poi, emerge anche dal fatto che all’interno di questi “macro” mercati che abbiamo descritto (wholesale e retail), ci sono a loro volta dei “micro” mercati che giocano un ruolo determinante sui prezzi. Per esempio, all’interno del mercato all’ingrosso abbiamo prodotti caratterizzati da maturities molto diverse. Ad esempio, ci sono contratti a lungo termine, attraverso cui i produttori vendono gran parte dell’elettricità prodotta e che sono poi quelli che rendono però più difficile un calo di prezzi repentino. D’altro canto, chi distribuisce l’energia elettrica ne determina il prezzo in funzione dei costi d’approvvigionamento che ha dovuto sostenere. Chi ha comprato energia a prezzi bassi ci ha guadagnato durante la bolla del 2022, ma coloro che hanno stipulato contratti durante quel periodo ora deve rientrare dei costi ed è difficile che decidano di vendere sottocosto. Inoltre, ci sono da considerare anche mercati spot, dove l’elettricità viene venduta quotidianamente (day-ahead auction) o anche addirittura momentaneamente (intra-day trading). Ed anche in questi casi l’oscillazione dei prezzi gioca un ruolo nel calcolo del prezzo della bolletta.

La realtà dei Media e quella del mercato dell’energia elettrica

Se soltanto all’interno di uno dei mercati più importanti dell’elettricità c’è così tanta differenza sia in termine di prezzi, sia di prodotti, è evidente che comprendere le dinamiche del mercato nella sua interezza risulta molto difficile. È per questo che si assiste spesso ad errori nelle previsioni o ad annunci shock. Per quanto riguarda le tendenze dei prossimi mesi è molto probabile che si assisterà a un importante calo dei prezzi in bolletta, dovuto sia all’arrivare della bella stagione sia alla normalizzazione dei prezzi del gas (effetto che si può ben comprendere attraverso il merit order model). In un contesto così incerto com’è quello attuale, soprattutto in campo energetico, occorre fare attenzione agli annunci troppo belli per essere veri e ricordarsi che il legame causa-effetto si presta a interpretazioni superficiali e per questo fallaci.

di Guglielmo De Puppi

Gli extraprofitti delle aziende energetiche: la risposta UE, tedesca e italiana

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In questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare spesso degli extraprofitti delle aziende energetiche. Si tratta di tutte quelle entrate aggiuntive che i grandi attori operanti nel settore dell’energia si sono garantiti attraverso il rialzo dei prezzi. Non molti, tuttavia, sanno che l’Unione Europea e i Paesi Membri si stanno adoperando affinché una parte di questi extraprofitti vengano redistribuiti ai cittadini, in particolare alle famiglie e alle imprese che più risentono delle conseguenze della crisi energetica. È una scelta fondamentale per permettere ai Paesi che hanno limiti di spesa più stringenti di aiutare le realtà più colpite. Il punto di riferimento per le politiche dei vari paesi dell’UE in merito agli extraprofitti è il Regolamento del Consiglio Europeo del 6 ottobre 2022. Ne analizziamo qui le principali proposte, prima di passare alle applicazioni concrete che hanno sviluppato l’Italia e la Germania. La speranza è quella di comprendere meglio le implicazioni delle scelte di Bruxelles in materia di extraprofitti.

Che cosa stabilisce il regolamento sugli extra-profitti varato dall’Ue?

Il Regolamento del 6 ottobre 2022 stabilisce la creazione di due meccanismi volti a ricavare risorse economiche che possano tutelare i consumatori finali di energia: in primo luogo un contributo di solidarietà temporaneo per le imprese e le organizzazioni che svolgono attività nei settori del petrolio greggio, del gas naturale, del carbone e della raffineria; poi, un tetto (anche esso temporaneo) ai ricavi straordinari di mercato dei produttori che hanno costi marginali più bassi (per esempio i produttori delle rinnovabili, i cui costi di produzione dell’elettricità corrispondono per lo più ai costi inziali di investimento). Il contributo di solidarietà è una sorta di imposta che in circostanze impreviste e straordinarie permette la generazione di entrate supplementari a favore delle autorità nazionali. Il tetto, invece, rappresenta un limite massimo ai ricavi di mercato dei produttori di energia elettrica. Attualmente è fissato a 180€ per MWh, un livello che secondo le autorità europee è significativamente superiore ai costi di produzione dell’energia (LCOE) e che quindi non mette a rischio la possibilità di recuperare i costi di investimento per i produttori.

Chiariamo subito alcuni aspetti importanti per capire la natura delle decisioni dell’UE. Innanzitutto, in nessuna sezione del Regolamento Europeo citato si fa riferimento alla parola tasse. Si tratta di un elemento chiave, in quanto l’Unione Europea non ha competenza fiscale diretta (per qualsiasi decisione in merito a una tassa europea ci vorrebbe l’unanimità in Consiglio, risultato abbastanza improbabile da raggiungere oggi giorno). C’è poi anche una considerazione più strettamente politica: parlare di tasse è sempre altamente impopolare. L’avversione per misure fiscali dirette potrebbe compromettere la riuscita della misura. Perciò, chiunque si riferisca ai meccanismi sopra descritti come tasse sui ricavi o sulle aziende produttrici di energia, commette un errore (anche se quella è la sostanza).

Va compreso, poi, che trattandosi di un regolamento europeo, la misura del Consiglio rappresenta un atto giuridico direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri (deve essere applicato in tutti i suoi elementi nell’Unione Europea). Italia e Germania si sono adoperate per tradurre al più presto le scelte del consiglio europeo in azioni concrete. L’Italia ha elaborato molto sul contributo di solidarietà, introducendolo ancor prima che l’Europa lo indicasse come via necessaria. La Germania, invece, ha sviluppato accuratamente un tetto ai ricavi, con meccanismi volti a preservare gli incentivi economici più importanti. Ecco perché questi due Paesi costituiscono degli esempi molto interessanti.

La risposta di Italia e Germania al tema degli extra-profitti

Il contributo di solidarietà in Italia è stato introdotto dal governo Draghi. Sappiamo tutti quanto l’ex premier si è battuto a livello nazionale ed europeo affinché misure di rilievo fossero attuate per mitigare gli effetti della crisi energetica (il price cap sul gas è sicuramente una vittoria che può ascriversi). Il contributo di solidarietà come inizialmente pensato avrebbe dovuto portare nelle casse dello stato oltre 10 miliardi di euro. Tuttavia, i numerosi ricorsi delle aziende energetiche hanno fatto si che l’Italia riuscisse a ricavarne solamente 1.5 mld di euro. Il contributo temporaneo è stato introdotto col decreto Taglia-prezzi, modificato una prima volta con il decreto Aiuti e di nuovo con la nuova legge di bilancio del governo Meloni. Ma come funziona quindi il contributo di solidarietà italiano?

Le aziende coinvolte devono versarlo soltanto qualora l’incremento di reddito complessivo sia superiore di almeno il 10% rispetto alla media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi d’imposta precedenti al 2023. Se l’incremento di reddito supera la soglia indicata, allora il produttore dovrà versare il 50% dell’incremento di reddito complessivo allo Stato (il 25% prima della nuova legge di bilancio, anche se applicato a una platea di attori più ampia). La misura (Contributo Straordinario), secondo le stime del Sole 24 Ore, dovrebbe portare a bilancio circa 2.5 miliardi di euro nel 2023, coinvolgendo circa 7000 imprese.

Attraverso la legge di bilancio approvata il 29 dicembre scorso l’Italia ha ufficialmente avviato l’attuazione anche del tetto ai ricavi. Secondo quanto si può apprendere dal testo pubblicato in gazzetta ufficiale il tetto riguarderà principalmente impianti a fonti rinnovabili non rientranti nel Contributo Straordinario, ma anche impianti alimenti da fonti non rinnovabili come i produttori di elettricità che utilizzano torba, lignite o petrolio greggio. Per l’applicazione del tetto il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) calcola la differenza tra il prezzo di riferimento di 180€ per MWh stabilito dall’Unione Europea, e un prezzo di mercato pari alla media mensile del prezzo zonale orario. Se la differenza (180-X) è negativa il produttore deve versare al GSE l’importo corrispondente. Sembra esserci una certa flessibilità rispetto alla tecnologia presa in considerazione (per le fonti con costi di produzione superiore alla soglia di 180 euro, il valore di riferimento viene stabilito secondo criteri specifici dall’ARERA), anche se la Germania a riguardo ha sviluppato un piano molto più dettagliato.

Il governo tedesco, infatti, ha elaborato un sistema per limitare i ricavi estremamente dinamico e flessibile, in cui la soglia dei 180 euro per MWh è quasi assente. Il grafico qui sotto ci aiuta a comprenderne l’intuizione. Il tetto è specifico alla tecnologia considerata (più basso per le rinnovabili dove i costi di produzione sono minori, più alto per petrolio e carbone). Allo stesso tempo si tratta di un tetto mobile, che varia con i prezzi delle commodity. Gli elementi che più caratterizzano la soluzione tedesca sono altri due, tuttavia. Il fatto che soltanto il 90% degli extraprofitti sia soggetto alla misura è fondamentale per coprire i produttori dal rischio legato ai costi aggiuntivi che potrebbero insorgere e all’incertezza connessa alla produzione, ma soprattutto per preservare l’incentivo a produrre quando i prezzi dell’elettricità sono alti e c’è scarsità di offerta (questo incentivo potrebbe essere eliminato dal tetto ai ricavi, che non permetterebbe più di guadagnare di più nei momenti in cui i prezzi sono più alti). Il tetto ai ricavi tedesco, infine, tiene in forte considerazione le strategie di hedging attuate dai produttori. Nel mercato dell’elettricità stipulare contratti per la vendita e trasmissione di elettricità nel futuro è molto comune, in quanto offre delle garanzie sia ai produttori che ai consumatori. Esistono contratti di vendita per elettricità che precedono l’effettiva produzione anche di 2/3 anni. Tenere conto dei prezzi stabiliti in questi contratti, correggendo l’importo che i produttori devono versare, è fondamentale (se i contratti sono stipulati a prezzi più bassi di quelli attuali di mercato bisogna tenerne conto).

Per quanto riguarda il contributo di solidarietà temporaneo la Germania è stata meno creativa, applicando pedissequamente quanto indicato dall’Europa. Le aziende produttrici che abbiano superato almeno del 20% la media dei profitti relativi all’intervallo 2018-2021 dovranno versare il 33% dei profitti per gli anni 2022/3.

Nel cercare di descrivere nella maniera più semplice possibile la logica del Regolamento europeo del 6 ottobre 2022, abbiamo discusso e spiegato le applicazioni dei suoi due meccanismi principali da parte di Italia e Germania. Entrambi i Paesi si sono impegnati nell’attuare le scelte di Bruxelles, fornendo degli spunti di riflessione interessanti. La riuscita di queste misure, da valutare nei prossimi mesi, sarà fondamentale per reperire risorse preziose e alleviare i cittadini e le imprese dai costi delle bollette. L’Unione Europea stima che un indotto da oltre 100 miliardi di euro possa essere reperito se il contributo di solidarietà e il tetto ai ricavi funzioneranno come previsto. Una somma decisamente importante, soprattutto per i Paesi come l’Italia che, altrimenti, incontrerebbero grandi difficoltà nel trovare risorse adeguate ad aiutare i cittadini. Ricordiamo che una buona parte della legge di bilancio è stata dedicata ai rialzi in bolletta. Per quanto ancora il governo potrà destinare risorse per la crisi energetica? Attendiamo con impazienza giugno per una prima valutazione delle politiche dettate da Bruxelles e implementate da Germania e Italia.

di Guglielmo De Puppi